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La denuncia: il prezioso fossile Ciro è totalmente abbandonato

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CIRO

Benevento

Ancora una voce per denunciare la scarsa valorizzazione di uno dei reperti più importanti del Sannio. Parliamo del fossile di dinosauro Scipionyx Samniticus, meglio conosciuto come “Ciro”. 

Questa volta a rilanciare l’annosa questione è un “visitatore del reperto” che scrive per “segnalare il doloroso stato di “abbandono culturale” in cui versa oggi il prezioso reperto che costituisce un vero unicum della paleontologia non solo a livello nazionale, ma anche a livello internazionale, essendo il primo eccezionale ritrovamento di questo tipo in Italia e uno dei fossili di dinosauro meglio conservati al mondo”.

Nonostante il suo ritrovamento abbia avuto grandissima risonanza nell’opinione pubblica e nella ricerca scientifica in tutto il mondo – commenta il lettore -, oggi “Ciro” si trova in uno stato di sostanziale abbandono a causa della pessima gestione della Pubblica Amministrazione italiana. Attualmente, il fossile è esposto nella città di Benevento presso l’ex Convento di San Felice, lungo il Viale Atlantici (recentemente ristrutturato e oggi sede degli uffici della Soprintendenza) ed è visitabile con ingresso gratuito dalle 9 alle 18:30 tutti i giorni. L’idea di rendere gratuitamente fruibile tale eccezionale reperto è sicuramente da lodare… tuttavia, come ho potuto tristemente appurare durante una personale visita, “Ciro” risulta mestamente abbandonato in una sala del complesso, senza che vi sia alcuna valorizzazione della sua eccezionalità”.

E poi il racconto dell’esperienza. “Lunedì 30 agosto, alle ore 18 (in orario ancora di apertura) mi recavo con la mia famiglia presso il comprensorio, speranzoso di mostrare “Ciro” al mio bimbo. Dopo aver varcato l’ingresso della mostra – indicato da mesti cartelli all’esterno – mi ritrovavo all’interno dell’ex Convento assolutamente da solo: non solo non erano presenti visitatori (e vabbè, era lunedì 30 Agosto, ci può stare) ma soprattutto non era presente alcun dipendente/responsabile a cui chiedere informazioni. Nessun cartello indicava né dove fosse esposto “Ciro”, né come fare o a chi rivolgersi per visitarlo. Ho iniziato allora a vagare in solitaria nel Convento, girovagando in libertà per entrambi i piani del comprensorio ed aprendo tutte le porte che era possibile aprire: in tale girovagare, mi sono ritrovato così in una vecchia sala di controllo con vecchi terminali e quadri elettrici fuori uso, in stanze precedentemente allestite per mostre con pannelli informativi abbandonati, in reperti museali sparpagliati qua e là, addirittura in uffici totalmente vuoti pieni di faldoni, computer e altro materiale amministrativo, di cui avrei potuto tranquillamente fare incetta o compiere atti vandalici senza essere fermato da nessuno. Preso da un misto tra disperazione e sbigottimento, ho iniziato ad urlare tragicomicamente “C’è nesssuunooooo???” “Ehilaaaa???” sentendomi come la particella di sodio nella famosa campagna pubblicitaria. Niente, nessuna risposta, il comprensorio era totalmente abbandonato. Soprattutto, nessuna traccia di “Ciro”.

In un ultimo disperato guizzo, mi sono recato negli Uffici della Soprintendenza, localizzati in un edificio attiguo. Qui ho finalmente trovato 2 anziane persone – immagino impiegati dell’Ente – che finalmente mi hanno accompagnato nella sala di “Ciro”: il dinosauro “riposa” infatti nell’unica sala chiusa del comprensorio, che non ero riuscito ad aprire da me (per fortuna…) e che tuttavia non è assolutamente segnalata in nessun modo. L’ “esposizione” – se così si può definire in un paese che ha a cuore la cultura – consiste in una teca riposta in un misero angolino, con un vecchio televisore che, acceso dalla persona che mi ha accompagnato, proietta un breve video di spiegazione del fossile. Poi più nulla: non un cartello espositivo, non delle rappresentazioni esplicative, non una sistemazione museale di contorno al reperto, non un percorso didattico-informativo. La sala è completata da alcuni fossili di altri organismi (soprattutto pesci) ritrovati nella stessa zona in cui fu trovato “Ciro”, anch’essi esposti in quasi anonimato nonostante la loro bellezza. A parte le zanzare – che ci hanno massacrato per quei pochi minuti di visita – nessun altro motivo di permanenza nella sala.

Da cittadino di Benevento, trovo veramente deplorevole, triste e sconsolante che un reperto così unico, così glorificato in tutto il mondo, sia stato mestamente abbandonato in una sede pubblica a caso, senza alcuna valorizzazione, senza alcuna rappresentazione museale, e senza alcuna pubblicizzazione della sua eccezionalità. Non è tanto l’assenza di personale in loco (che giustifico con l’orario quasi di chiusura e con l’assenza di visitatori) ma è proprio l’approccio espositivo che è totalmente inadeguato: non c’è un cartello, non ci sono espositori, non ci sono spiegazioni, non c’è alcuna ambientazione! Nessun percorso educativo che possa essere di guida e informazione al visitatore rispetto all’eccezionalità di tale ritrovamento: solo un misero video di spiegazione di pochi minuti (comunque ben fatto e interessante) “accompagna” la visione dal vivo del fossile. Di fatto, solo un anonimo cartello all’ingresso avvisa la popolazione della presenza di tale fossile, senza che vi sia alcuna campagna di sensibilizzazione e di educazione culturale: di fatto, gran parte degli abitanti stessi di Benevento ignorano questa presenza nella loro città, o comunque non trovano motivi di interesse per visitarla. Addirittura risulta impossibile localizzare il reperto, essendo la sala espositiva neanche segnalata (ma neanche un cartello per dire: “Per la visita rivolgersi a…”: se non era per il mio ultimo tentativo nell’altro edificio, sarei andato via senza vedere il reperto). Eppure, per una città depressa come Benevento – che sta vivendo un costante impoverimento e spopolamento per assenza di attività produttive – tale reperto potrebbe costituire un notevolissimo richiamo e un’attrazione di assoluto primo livello, se valorizzata nella maniera in cui merita. Non è solo una questione di soldi (mettere anche solo dei cartelli espositivo non immagino sia una spesa drammatica): è soprattutto un problema di approccio e volontà.

La persona che ci ha accompagnato – vergognandosi per il mesto spettacolo offerto – attribuiva le “responsabilità” di tale miseria alla gestione del Ministero e della Soprintendenza Archeologica belle arti e paesaggio per le province di Caserta e Benevento responsabile per tale reperto. Non è nelle mie capacità entrare nel gioco e nel rimpallo delle “responsabilità” pubbliche, ma credo che questa storia sia l’ennesima dimostrazione di come una pessima gestione della “cosa pubblica” sia in grado di rovinare e distruggere valore per un territorio, portando nient’altro che sprechi di denaro pubblico e povertà culturale, sociale ed economica. Lamentiamo spesso in Italia la necessità di tutelare la nostra storia e la nostra cultura… ma poi non siamo capaci di valorizzare neanche i reperti più eccezionali che abbiamo, e non di investire tempo e impegno nell’educazione culturale e – perchè no? – nelle opportunità turistiche che ne potrebbero derivare. In altri luoghi, probabilmente avrebbero dedicato a “Ciro” uno spazio di risonanza internazionale 100 volte più organizzato, come tale reperto in effetti meriterebbe”.

FONTE OTTOPAGINE

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