Redazione 09 Marzo 2021
Era il 28 ottobre del 2019 quando gli ennesimi dolori al ventre non mi lasciavano tranquilla. Si stavano ripetendo da mesi ormai, ma li avevo sempre sottovalutati. Non sono mai andata daccordo con medici ed ospedali.
Quel giorno non riuscì a fare a meno di farmi portare al Pronto Soccorso. Erano le 18 circa, e dopo essere passata per l’Ospedale di Sant’Agata dei Goti, dove mi avevano diagnosticato una “probabile peritonite” ed una “diverticolite acuta” non avendo la Tac funzionante, e non potendo fare i dovuti accertamenti e le dovute indagini, con un referto di URGENZA, mi mandarono al Pronto Soccorso del San Sebastiano di Caserta. Erano le 22 circa quando giunsi a Caserta, ricordo perfettamente quella sera. Il Pronto soccorso era stracolmo di persone, circa 80 chiedevano e lamentavano assistenza urgente. Passarono circa 2h, quando mio fratello irritato fece notare alla guardia giurata di turno, che la mia richiesta era prioritaria, e che stavo lamentando dolori lancinanti, erano circa le 00.12 quando finalmente mi chiamarono. Entrata dentro, trovai il medico di turno che angosciato mi chiese scusa per l’attesa, ma purtroppo, come spesso capita negli ospedali campani, erano sotto organico. Mi visitò e, visibilmente preoccupato, invitò l’altro collega di turno a dare un’occhiata, mi fecero ogni esame possibile quella notte. Mi chiesero se fossi caduta e da quanto lamentavo quei dolori. Risposi che non ero mai caduta e che lamentavo quei dolori a giorni alterni ma ormai da mesi, e che spesso non mi consentivano di andare a lavoro perchè erano troppo forti. Mi somministrarono un forte antibiotico endovena e il dolore via via si calmò. Ma notarono che respiravo con fatica e preoccupati mi fecero un elettrocardiogramma, un eco cuore ed infine mi controllarono anche l’ossigenazione del sangue. Il dottore di turno di cui purtroppo non ricordo il nome mi disse : “La tac te la sei meritata, purtroppo, ma come è possibile che a Sant’Agata abbiano la Tac rotta!” Si attaccò al telefono e chiamò il presidio ospedaliero di cui sopra, spiegando che quando un c’è un guasto ad un macchinario NECESSARIO per quasi ogni genere di referto, va comunicato tempestivamente per far sì che venga subito riparato.
Non avevano comunicato un bel niente ed era rotta già da 24 h.
Erano le 04.30 quando finalmente si liberò la Tac e saliì a farla, gli infermieri di turno dimostrarono un’umanità che ricorderò per sempre, avevo 31 anni, oggi ne ho quasi 33, mi vedevano piccola,anche se poco spaventata.
Il risultato della Tac fu pessimo, il medico contattò immediatamente l’urologo reperibile, il Dott.Lotti, erano le 05.15 circa quando arrivò in pronto soccorso. Dopo diverse domande, disse : “Ricoveriamola nel mio reparto anche se non ho posto lo facciamo uscire, non la trasferisco, non esiste!” Rischiavo un trasferimento a Valle della Lucania per il problema che mi avevano riscontrato. Seguirono giorni angoscianti. Milioni di visite, di esami, di diagnosi, vidi una marea di medici. Il mio rene sinistro era diventato “muto”, si dice in gergo medico. Si era infettato e mi aveva riempita di liquidi: addome e polmoni. La situazione era abbastanza grave e il medico mi disse che se fossi andata in ospedale anche una settimana dopo, avrei potuto rischiare la vita. Vidi un ematologo perchè la mia emoglobina arrivò anche a 6.9 (i parametri sono 12-14 per una donna), dovetti fare 2 trasfusioni, vi assicuro che si prova di tutto in quei momenti. Vidi addirittura un infettivologo. Tutto questo nei primi 2 giorni. Il 31 ottobre approdai, da un’idea del Primario di Urologia di Caserta,il dott. Carmine Santonastaso, in una piccola sala di interventistica d’urgenza, il responsabile di quel comparto è il Dott.Moggio Giovanni. Mi dovevano operare. Avevo l’uretra rotta, non esisteva quasi più, visto l’impatto avuto dall’infezione del rene sinistro. Il Dott. Moggio mi accolse insieme all’infermiere specializzato Salvatore, me le ricordo ancora le loro facce di quel giorno. Fu un attimo. Mi operarono con una tranquillità, ed una professionalità unica. Il dottore Moggio ebbe l’intuizione di posizionare lo stent renale all’altezza dell’uretra, per far sì che la stessa si riformasse attorno allo stesso. Ebbe ragione. Da quel giorno in poi, mi praticò una seconda toracentesi, perchè la prima provata dal reparto di pneumologia non era andata a buon fine a detta loro “avevo la pelle troppo spessa”, per tirare il liquido dai polmoni, andò a buon fine e non sentì il dolore tremendo che invece avevo provato qualche giorno prima.
Poi se ne inventò un’altra, visto che la terapia antibiotica era lenta e il liquido nel rene non si riassorbiva, decise di tirarmelo via con un sondino. Mi praticò questa cosa due volte, fu un successo. Il rene da muto, ricominciò quantomeno a pulsare e ad avere attività venosa. Ricominciai piano piano a mangiare, perchè per circa due settimane non riuscivo assolutamente a farlo,l’emoglobina a piccolissimi passi ricominciò a salire e dopo circa 1 mese di degenza, mi dimisero.
Non potrò mai essere abbastanza riconoscente al dottore Moggio, per aver deciso di salvarmi, per non aver smesso di dire “Tu sei giovane, una soluzione la troviamo.” per non aver smesso di sorridere e di tranquillizzarmi quando il dolore mi faceva piangere silenziosamente, senza far rumore.
Il Dottore Moggio, mi ha salvato la vita. Mi ha fatto provare una fiducia smisurata, e il reparto da lui portato avanti,UOSD ANGIORADIOLOGIA INTERVENTISTICA,con immensa dedizione ed immensa capacità è un’eccellenza dell’Ospedale”Sant’Anna e San Sebastiano” di Caserta, che nessuno conosce. Un’eccellenza di quella sanità campana che tanto si critica. Un’eccellenza che va evidenziata, perchè nello stesso reparto ne sono state salvate altre di vite umane, ma nessuno lo sa, nessuno lo sa cosa vedono il Dottore Moggio e suoi collaboratori, negli occhi di quei pazienti sfiancati, e con quale coraggio affrontano le proprie responsabilità.
Oggi mi controllo ancora, perchè non sono del tutto guarita, perchè il mio rene fa sempre i capricci e perchè la patologie nefrologiche/urologiche sono serie e delicate ed anche invalidanti, mi fido incondizionatamente del mio medico e sono sicura che mettere la mia salute nelle sue mani è stata la scelta più saggia che abbia potuto fare.
Quindi rispettate i medici, rispettate l’immenso coraggio che hanno, e non smettete mai di dargli la giusta fiducia!
La storia è di una giovane ragazza di Sant’Agata dei Goti, che ha voluto ricordare, in un periodo come questo che stiamo vivendo, quanto è grande il lavoro del personale sanitario.